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Yone – L’infanzia, l’adolescenza, il trasferimento a Uberaba

  • Maria Isabel Gomes de Matos
  • 12 de fev.
  • 4 min de leitura

Atualizado: 27 de fev.

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Giacinto e Izabel, stabilitisi a Pedreira (SP), rimasero lì per alcuni anni. Successivamente si trasferirono a Serra Negra (SP), una città a soli 25 km da Pedreira, ampliando l’attività a cui la famiglia si dedicava, senza allontanarsi troppo dai parenti. Formavano una famiglia italiana, nel senso migliore del termine, le cui tradizioni sono state tramandate di generazione in generazione.


Yone era la più giovane dei 15 figli di Izabel e Giacinto e ha trascorso un’infanzia piena di calore e affetto. A causa della differenza di età con i suoi fratelli maggiori, che erano già sposati quando lei nacque, Yone era più giovane di molti dei suoi nipoti.


Così i nipoti, data la loro età simile, erano come cugini, compagni nella vita familiare e nei giochi dell’infanzia. Questa amicizia fraterna e stretta, soprattutto con i figli del fratello maggiore Celeste, è durata saldamente nel tempo.


Nonostante la loro vita coniugale perfetta, Izabel e Giacinto non vivevano “su un letto di rose”. In effetti, la famiglia ha attraversato molte tempeste, battute d’arresto e perdite difficili.


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L’infanzia di Yone fu segnata dal lutto. Durante l’infanzia perse cinque fratelli. E quando aveva 11 anni, il suo amato padre, Giacinto, morì.


La famiglia mantenne l’usanza cattolica e italiana dell’epoca: le donne indossavano il lutto – ovvero abiti esclusivamente neri, per 6 mesi e poi, per i successivi 6 mesi, solo neri e bianchi. Era il modo culturale di dimostrare affetto verso chi non c’era più.


A causa delle numerose perdite familiari subite durante l’infanzia, le due bambine, Adelina e Yone, hanno trascorso diversi anni della loro vita ad affrontare questa dura realtà, che si rifletteva persino nel loro abbigliamento.


Ma tutte queste difficoltà emotive non si trasformarono in amarezza. Al contrario. La forza spirituale di ciascuno, la loro fede in Dio, il conforto di una famiglia unita, nei momenti felici e in quelli dolorosi, hanno costituito il sostegno che há mantenuto le ragazze serene, resilienti, con una fiducia permanente nel futuro. Entrambe sono diventate ragazze realiste di fronte alle avversità, ma allo stesso tempo idealiste riguardo al futuro.




Quando Giacinto morì, la sorella di Izabel, Maria, insieme al cognato Dante, insistettero perché lei si trasferisse a Uberaba, la piacevole città di Minas Gerais, dove vivevano comodamente con i loro figli, alcuni dei quali erano già sposati.


Izabel aveva con sé solo le sue figlie più piccole (Adelina – 14 anni, e Yone – 11 anni). Gli altri figli erano già sposati e vivevano in altre città, uno di loro viveva vicino a Uberaba, ad Araguari-MG. Lei voleva trasferire la sua residenza a Uberaba, perché sarebbe stata vicina alla sua famiglia e le ragazze avrebbero potuto frequentare scuole eccellenti. Izabel, nel suo percorso italo-argentino-brasiliano, si sposò molto giovane, non avendo la possibilità di studiare come avrebbe voluto, quindi, si prefisse l’obiettivo di garantire alle figlie un’eccellente formazione scolastica.


Però, Izabel non voleva dipendere dai suoi parenti, quindi esitò ad abbandonare la sua casa e soprattutto la sua attività, la sua fonte di reddito. Infatti, all’epoca, era naturale che una vedova continuasse a gestire l’attività commerciale aperta dal marito nella piccola città in cui vivevano, ma avviare da sola un’attività commerciale in una città più grande sarebbe stato praticamente impossibile. Tuttavia, forse con l’aiuto degli angeli, per Izabel si presentò un’eccellente opportunità di lavoro dignitoso a Uberaba.


Il proprietario di Companhia Telefônica de Uberaba, un’azienda che stava aprendo una sede in città, aveva urgente bisogno di assumere un manager per l’azienda. L’azienda cercava una donna di principio e molto severa per gestire le operazioni quotidiane degli operatori telefonici. Stiamo parlando degli anni ‘20. Le famiglie, per far lavorare le figlie, lo facevano solo con la garanzia che l’ambiente fosse non solo sano, ma guidato da qualcuno estremamente severo e affidabile. Per i tempi odierni, può sembrare incredibile come funzionasse il sistema telefonico a quei tempi. La gente aveva i propri telefoni. Ma per parlare con qualcuno, dovevano chiamare l’operatore, che avrebbe completato la chiamata. All’epoca non esistevano chiamate dirette tra telefoni, questa tecnologia apparve solo molti anni dopo. Quindi, le centraliniste dovevano essere donne molto serie e responsabili, con forti principi etici, perché, dopotutto, potevano ascoltare le conversazioni telefoniche di tutti in città.


Izabel era la persona giusta per quel lavoro. Fervente cattolica, ogni mattina andava alla prima messa. Rimasta vedova, rimase in lutto per tutta la vita, esprimendo questo sentimento anche attraverso l’abbigliamento. Sebbene fosse generosa e compassionevole, molto femminile e delicata, con un tono di voce molto dolce, Izabel era estremamente rigorosa nei suoi principi, rigida nell’adempimento dei suoi doveri ed esigente con gli altri, poiché non tollerava nulla che si discostasse dai suoi valori e dalle sue convinzioni. Per tutto questo è possibile che le sia stato offerto un compenso eccellente per il lavoro svolto, che lei ha accettato, trasferendosi a Uberaba con le figlie, Adelina e Yone. Lì i tre cominciarono a vivere in pace e nel conforto della vicinanza dei familiari. Si affezionarono subito alla città, che adottarono come propria, creando legami permanenti di amicizie durature.


Per valutare meglio l’apprezzamento riscosso a Uberaba, vale la pena sottolineare l’omaggio che Izabel ha ricevuto dalla città di Uberaba. Vivendo in città dagli anni ‘20, fu onorata negli anni ‘60, quando fu eletta “madre dell’anno”, un’elezione annuale effettuata dai lettori del quotidiano locale, Lavoura e Comércio, e dagli ascoltatori della stazione radio PRE-5.


A quel tempo fu un evento che scosse la città. La nonna Izabel, affettuosamente chiamata così dai vicini e dai parenti, all’epoca aveva 89 anni ed era molto lucida. All’epoca aveva 26 nipoti, 72 pronipoti e un quadrisnipote. Morì poco dopo, il 17 giugno 1966.



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